Reggio Emilia – Emilia Romagna

Monumento dei martiri del 7 luglio 1960

Il 1960 è un anno di tensione in Italia con la formazione del governo Tambroni con il determinante appoggio del Movimento Sociale Italiano (partito erede del fascismo), con la scelta di Genova, città medaglia d’oro della Resistenza, come sede del congresso di quel partito e il diffondersi sui muri di tutto il paese di svastiche e segni inneggianti al nazifascismo. Molte manifestazioni antifasciste si tengono in tutto il paese, spesso duramente represse. Il 7 luglio 1960 durante una manifestazione sindacale, cinque operai reggiani (Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri, Afro Tondelli) sono uccisi dalle forze dell’ordine.
Ricordare Maris vicino al monumento dedicato ai morti di Reggio Emilia, opera dello scultore Giacomo Fontanesi, significa legare il suo ricordo al loro nella memoria del suo impegno di avvocato difensore delle parti civili nel processo apertosi a seguito della loro uccisione.

La cerimonia del 5 maggio 2021 si è realizzata grazie alla collaborazione di

Gianfranco Maris: scritti e discorsi contro l’oblio

Il mestiere di avvocato e l’impegno per la collettività

Nel testo letto la citazione è tratta dalla Memoria difensiva delle parti civili nel processo per la morte di Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri e Afro Tondelli. Maris fu infatti avvocato difensore delle parti civili nel processo per i morti di Reggio Emilia che si aprì il 29 novembre 1962. Voce di Agnese Scotti.

Nella foto Gianfranco Maris, anni 50, archivio privato famiglia Maris.

Le parole di Charlotte Delbo

Da Charlotte Delbo, Une connaissance inutile. Voce di Agnese Scotti.

Charlotte Delbo (1913-1985), figlia dell’immigrazione italiana in Francia, partecipa alla Resistenza nelle file del Partito Comunista, è arrestata nel 1942 e, dopo la fucilazione del marito, deportata a Auschwitz-Birkenau. Assistente prima di Louis Jouvet e poi di Henri Lefebvre, è autrice di testi tesi a “portare a coscienza” l’esperienza vissuta attraverso quel lavoro paziente e consapevole sul linguaggio che è la letteratura.

Charlotte Delbo, Une connaissance inutile, Minuit, Paris 1970, in corso di traduzione per Il filo di Arianna, Bergamo.

Nella foto Charlotte Delbo per gentile concessione di Claudine Riera-Collet, archivio fotografico Isrec.